La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25997/2021, si è recentemente pronunciata sulla vexata quaestio relativa all’infortunio sul lavoro verificatosi a causa della condotta colposa del prestatore subordinato.
In particolare, nell’ipotesi sottoposta, il lavoratore, nell’atto del sollevamento di alcune lastre da movimentare mediante l’utilizzo di un carroponte, al fine di caricarle su autoarticolati, era stato violentemente colpito dal carico, non essendosi tempestivamente allontanato dalla zona di movimentazione.
Nel primo e nel secondo grado di giudizio la domanda del dipendente veniva respinta, sulla scorta della riconduzione della responsabilità esclusiva dell’infortunio alla specifica condotta posta in essere dal medesimo.
La Cassazione “stravolgeva” l’esito dei giudizi di merito, richiamando consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
Segnatamente, gli Ermellini premettevano, in via generale, che l’obbligo di sicurezza del datore di lavoro trova fondamento nell’art. 32 della Costituzione, nell’art. 31 della Carta di Nizza e in specifiche disposizioni normative, quali il D. Lgs. n. 81/2008 e l’art. 2087 c.c.
Il quadro risultante impone al datore di lavoro non soltanto di adottare tutte le misure specificamente previste dalla legge con riferimento alla concreta attività lavorativa in questione, bensì, inoltre, tutte le altre misure resesi necessarie al fine di tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore, tenuto conto dell’esperienza e della tecnica del momento storico, degli specifici fattori di rischio propri della singola attività aziendale nonché di “obblighi di comportamento specificamente individuati”.
La Corte evidenzia quindi che la normativa posta in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro risulta diretta a tutelare il prestatore anche nelle ipotesi di incidenti ascrivibili a imperizia, negligenza ed imprudenza del medesimo, con la conseguenza che parte datoriale risulta in ogni caso responsabile dell’infortunio occorso anche quando, pur avendo adottato tutte le necessarie misure di sicurezza, non vigili affinchè le stesse siano concretamente rispettate dal dipendente.
Segnatamente, l’esonero totale da responsabilità del datore di lavoro può ricorrere soltanto qualora la condotta del dipendente “presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento”: in altre parole, la condotta del lavoratore deve essa stessa rappresentare la causa esclusiva dell’evento, con conseguente interruzione del nesso causale tra prestazione ed attività assicurata.
Trattasi del cd. rischio elettivo, locuzione con cui si fa riferimento ad una condotta intrapresa in base a ragioni esclusivamente personali e tale da creare condizioni di rischio insussistenti nell’ipotesi di rispetto delle normali modalità di lavoro.
Infine, in punto onere della prova, si precisa che, mentre graverà sul lavoratore l’obbligo di provare l’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente ed il nesso causale tra tali due elementi, il datore dovrà invece dimostrare non soltanto di aver predisposto tutte le accortezze necessarie ad impedire il verificarsi del danno, bensì, inoltre, di aver effettivamente vigilato relativamente all’uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente.