Come noto, nell’ambito del condominio coesistono tanto la proprietà esclusiva, ossia quella del singolo proprietario sulla singola unità immobiliare, che la proprietà comune, ossia quella relativa, invece, ai beni condominiali, che appartengono pro indiviso a tutti i proprietari di ciascuna unità immobiliare.
Ai sensi degli artt. 1117 ss. c.c., i diritti e i doveri di ciascun partecipante, sui beni di proprietà comune, sono proporzionalmente individuati con riferimento al valore della proprietà di ciascuno, espresso dalle cd. tabelle millesimali (convenzionalmente, viene attribuito al condominio il valore di 1000/1000, e la proprietà di ciascun partecipante è determinata facendo riferimento ad una frazione di tale valore complessivo); ai sensi dell’art. 1138 c.c., la predisposizione delle tabelle millesimali non è necessaria qualora il numero dei condomini non sia superiore a 10.
Le tabelle millesimali servono non soltanto a stabilire l’ammontare del contributo monetario che ciascun condomino deve corrispondere nella ripartizione delle spese sui beni comuni, bensì, inoltre, a determinare, nelle delibere assembleari, il “peso” di ciascun votante, e possono avere diversa “origine”.
Segnatamente, quanto alla loro fonte, le tabelle possono suddividersi in (i) contrattuali, ovverosia predisposte dall’impresa che ha costruito l’edificio o dal proprietario cedente; (ii) deliberative, approvate dall’assemblea condominiale con il voto favorevole sia della maggioranza dei soggetti intervenuti che del complessivo controvalore dell’edificio; (iii) giudiziali: in caso di disaccordo dei condomini (e, conseguentemente, del mancato raggiungimento di una maggioranza per la loro determinazione) ciascun condomino può adire l’autorità giudiziaria, che conferisce incarico ad un perito di procedere alla loro predisposizione. Così come determinate, risultano obbligatorie per tutti i condomini.
Ciò premesso in via generale, le tabelle possono essere:
(i) rettificate, quando risultino la conseguenza di un errore nella determinazione delle singole quote, ai sensi dell’art. 69, comma 1, n. 1, disp. att. c.c.;
(ii) modificate, qualora, in forza di circostanze sopravvenute, mutino le condizioni di fatto dello stabile e risulti alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. Le tabelle possono essere revisionate sia tramite delibera assembleare che, in caso di mancato accordo dei condomini, mediante ricorso all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 69, comma 1, n. 2, disp. att. c.c.
Nello specifico, la modifica delle tabelle millesimali dev’essere disposta con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio, ai sensi dell’art. 1136, co. 2, c.c.
Nell’ipotesi di disaccordo dei condomini, ciascun proprietario può adire l’autorità giudiziaria (la sezione di Volontaria giurisdizione del Tribunale del luogo ove si trova l’edificio condominiale), evocando in giudizio il condominio in persona dell’amministratore condominiale; trattasi di controversia soggetta a mediazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 71-quater disp. att. c.c. nonché dell’art. 5, comma 1, D. lgs. n. 28/2010.
Il condomino che agisca giudizialmente deve allegare le ragioni su cui si fonda la domanda di revisione della tabelle, indicando specificamente le ragioni per cui le ritiene erronee nonché il pregiudizio subito: qualora il Giudice ritenga fondate le argomentazione addotte, accoglie la domanda procedendo alla revisione delle tabelle millesimali.
Si evidenzia che la pronuncia che dispone la revisione giudiziale delle tabelle millesimali produce effetti dal momento del passaggio in giudicato della sentenza: conseguentemente, il condomino che intenda ottenere il rimborso delle maggiori spese sostenute in forza delle tabelle millesimali errate, prima dell’intervento del giudice, può agire in giudizio mediante l’esperimento dell’azione di indebito arricchimento di cui all’art. 2041 c.c.