In attuazione della Direttiva 2019/633/UE è stato adottato recentemente il D. Lgs. n. 198/2021, recante norme dirette al contrasto delle pratiche commerciali sleali negli scambi tra soggetti che operano nel settore agroalimentare.
Le nuove disposizioni sono entrate in vigore il 15.12.2021, con applicazione a tutti i contratti stipulati successivamente a tale data; i contratti in corso di esecuzione al 15.12.2021, dovranno essere modificati, per risultare conformi, entro sei mesi.
La ratio della riforma può essere individuata nella volontà di tutelare i produttori che, soprattutto se organizzati in imprese di piccole dimensioni, si trovano, quali contraenti deboli, in condizioni di difficoltà nei rapporti commerciali intercorrenti con gli altri player del settore, soprattutto a causa della deperibilità e della stagionalità dei prodotti.
In via generale, la nuova normativa prevede che i contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari, nell’ambito dei rapporti “business to business” (B2B)devono essere di durata non inferiore a dodici mesi, oltreché stipulati in forma scritta (documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto) eccezion fatta per singole ipotesi previste dalla legge (ad es., cessioni intervenute nel settore della somministrazione di alimenti e bevande a bar a ristoranti o nell’ambito di accordi quadro conclusi dalle organizzazioni di settore maggiormente rappresentative).
Tanto premesso, il D. Lgs. n. 198/2021 vieta le pratiche commerciali imposte unilateralmente da una parte contrattuale all’altra qualora risultino contrarie ai principi di buona fede, correttezza, trasparenza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni.
In particolare, il legislatore europeo ha introdotto una black list di pratiche commerciali sleali, sempre vietate, ed una grey list che contiene un’elencazione di pratiche commerciali vietate, a meno di diverso accordo intervenuto tra le parti.
Quanto al primo profilo evidenziato, vengono considerate pratiche commerciali vietate (i) il ritardato versamento del corrispettivo, (ii) l’annullamento degli ordini con un preavviso inferiore a 30 giorni, (iii) la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, (iv) l’inserimento di clausole che prevedano la responsabilità del produttore relativamente al deterioramento/perdita dei prodotti dopo la loro consegna, o, in ogni caso, per eventi accorsi presso i locali dell’acquirente, (v) l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione, da parte dell’acquirente, di segreti commerciali relativi all’attività del fornitore.
Con riferimento, invece, alla cd. grey list, si presumono vietate, a meno che non siano state specificamente concordate in forma scritta, le pratiche che pongono a carico del produttore i rischi, gravanti sul venditore, relativi a: (i) restituzione dei prodotti invenduti, (ii) costi gravanti sull’acquirente per la distribuzione, (iii) sconti sui prodotti venduti in promozione, (iv) costi del personale relativo ai locali di vendita del produttore.
Infine, si evidenzia che la riforma ha confermato la disciplina previgente in punto di interessi moratori in caso di ritardati pagamenti: risultano quindi dovuti gli interessi legali di mora (con decorrenza in via automatica dal giorno seguente alla scadenza del termine negozialmente individuato), maggiorati di quattro punti percentuali; tuttavia, la nuova normativa ha previsto che nelle ipotesi in cui il debitore sia rappresentato da una Pubblica Amministrazione attiva nel settore scolastico e sanitario, qualora ricorra una giustificazione attinente alla natura particolare del contratto o alle sue peculiarità, le parti possono pattuire termini di pagamento superiori a quelli previsti dalla legge.