Con la sentenza n. 170/2022 pubblicata il 3.03.2022, il Tribunale di Vicenza interviene in senso favorevole al mutuatario nell’ambito della vexata quaestio relativa ai regimi di capitalizzazione utilizzati ai fini del calcolo della somma da rimborsare alla Banca nell’ambito di un contratto di mutuo.
Come noto, il regime ad interesse composto si distingue da quello semplice per l’attitudine degli interessi di produrre, a determinate scadenze, a loro volta altri interessi: le banche, in mancanza di espressa indicazione al cliente, utilizzano il regime ad interesse composto nell’ambito dei finanziamenti rateali, con un maggior aggravio “occulto” di costi a carico del primo.
La pronuncia che qui si commenta brevemente risulta tra le prime del Triveneto ad accogliere le doglianze del cliente in punto indeterminatezza del piano di rimborso del capitale prestato: ciò, perché, da tale indeterminatezza, evidenzia il Tribunale, consegue l’indeterminatezza del tasso di interesse indicato in contratto.
Premetteva infatti il giudice che, in un contratto di finanziamento, il tasso di interesse deve, ai sensi dell’art. 1346 c.c., risultare determinato o determinabile, rappresentando il medesime uno degli elementi essenziali del negozio.
Tanto premesso, il cd. piano di ammortamento “alla francese” (ovverosia, a rata costante), può essere declinato mediante (almeno) due regimi finanziari alternativi, e cioè il regime finanziario a “capitalizzazione composta” e quello a “capitalizzazione semplice”.
Evidenzia sul punto il Tribunale di Vicenza che “il primo prevede una maturazione degli interessi ad un ritmo “esponenziale”, e quindi, più oneroso, il secondo limita la maturazione degli interessi ad un ritmo lineare e “proporzionale al tempo””: consegue che, a parità di (i) importo finanziato, (ii) T.a.n., (iii) durata e (iv) numero di rate, il secondo regime di capitalizzazione composto, determina, rispetto a quello a capitalizzazione semplice, un costo maggiore per il cliente.
Consegue che, in siffatte ipotesi, il T.a.n. non rappresenta più una corretta misura del finanziamento, fornendo, al contrario, una rappresentazione “sottodimensionata” del complessivo importo dovuto alla banca.
La mancata esplicitazione negoziale, pertanto, del regime di capitalizzazione adottato dalla Banca, incide sulla determinatezza del tasso e, giocoforza, sul monte interessi complessivo che dovrà essere corrisposto dal cliente.
A riprova della correttezza dei propri assunti, inoltre, il Tribunale richiama la nota pronuncia n. 8770/2020 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui la corretta misurabilità e determinazione dell’oggetto del contratto non può prescindere dai cd. “costi occulti”, rappresentati, nell’ipotesi sottoposta, dal cd. “differenziale di costo” derivante dall’impiego della capitalizzazione composta (anziché di quella semplice).
Concludendo, il Giudice di Vicenza stabiliva che, posto che ai sensi dell’art. 821, comma 3, c.c., gli interessi si acquisiscono giorno per giorno, dalla mancata pattuizione in forma scritta di un regime di capitalizzazione diverso da quello semplice, consegue il ricalcolo del piano di rimborso a rata costante mediante adozione del cd. regime di capitalizzazione semplice: dovrà utilizzarsi, ai sensi dell’art. 117, comma 7, T.u.b., il tasso BOT annuale minimo dei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto,