Il leasing immobiliare abitativo è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla l. n. 208/2015 (cd. legge di stabilità 2016).
Tale figura negoziale prevede che, necessariamente, il concedente sia una banca (o un intermediario finanziario iscritto all’albo ex art. 106 del T.u.b.) mentre l’utilizzatore deve essere una persona fisica che intenda destinare l’immobile (da acquistare o da costruire) a propria abitazione principale (la relativa nozione è quella prevista dal Testo Unico delle imposte sui redditi, ovverosia l’abitazione “nella quale la persona fisica che la possiede … o i suoi familiari dimorano abitualmente”).
Dal punto di vista oggettivo, invece, il leasing immobiliare può riguardare (i) un fabbricato ad uso abitativo, completato e provvisto di agibilità; (ii) un terreno sul quale costruire il fabbricato ad uso abitativo oggetto del contratto di leasing; (iii) un fabbricato ad uso abitativo in corso di costruzione (da completare) o un fabbricato abitativo da ristrutturare.
Trattasi di fattispecie complessa comprendente due negozi tra loro collegati, ovverosia un contratto di leasing (con cui il concedente si impegna ad acquistare o a far costruire l’immobile) e un contratto di compravendita (con cui il concedente acquista l’immobile dal terzo proprietario).
Gli elementi costitutivi possono essere individuati nel (i) costo del bene finanziato; (ii) durata del contratto; (iii) periodicità dei canoni; (iv) tasso leasing; (v) canone leasing; (vi) anticipo versato al momento della stipula; (vii) valore di riscatto del bene; (viii) spese assicurative ed eventuali altri oneri accessori.
Si evidenziano di seguito alcuni dei profili contrattuali più rilevanti della fattispecie in esame.
In primo luogo, per un periodo non superiore a 12 mesi e per una sola volta, l’utilizzatore può sospendere il contratto in ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro subordinato (eccetto risoluzione consensuale o per raggiunti limiti di età) o del rapporto di collaborazione, quale agenzia o rappresentanza (eccezion fatta per le ipotesi di risoluzione consensuale, recesso del datore per giusta causa e recesso del lavoratore in mancanza di giusta causa); durante il periodo di sospensione non matureranno interessi e non sono dovute commissioni o spese, ne è necessario fornire garanzie aggiuntive.
In secondo luogo, la responsabilità per perimento del bene grava sull’utilizzatore (che sottoscrive apposita polizza assicurativa a favore del concedente).
Inoltre, posto che, con la stipula del contratto, l’utilizzatore è obbligato al pagamento dei canoni periodici, la mancata corresponsione dei medesimi può comportare, nei termini negozialmente previsti, la risoluzione del contratto: qualora ciò avvenga, il concedente procede alla vendita (o alla ricollocazione a favore di soggetto diverso) dell’immobile, e ciò, si evidenzia, attendendosi a criteri di trasparenza e pubblicità nei confronti dell’utilizzatore.
In altre parole, la vendita (o la ricollocazione) dell’immobile dovrà essere disposta dal concedente con modalità che garantiscano il miglior risultato possibile anche nell’interesse dell’utilizzatore quali le cd. procedure competitive (che assicurano la massima diffusione della proposta di vendita, oltreché le migliori condizioni di mercato).
Una volta venduto (o ricollocato) il bene, il concedente restituirà all’utilizzatore quanto ricavato, sottratti i seguenti importi: (i) canoni scaduti e non pagati sino alla data di risoluzione; (ii) canoni successivi alla risoluzione attualizzati; (iii) eventuali spese condominiali sostenute, assicurazioni, spese e compensi per prestazioni tecniche e legali; (iv) prezzo pattuito per l’esercizio del riscatto finale.
Naturalmente, qualora l’operazione aritmetica che precede dovesse generare un esito negativo, sarà onere dell’utilizzatore corrispondere la differenza al concedente.