Il trattamento di fine rapporto (TFR) è un istituto che, così come oggi definito, è stato introdotto nel nostro ordinamento con la l. n. 297/1982.
Ai sensi dell’art. 2120 del Codice civile, il TFR spetta ai lavoratori subordinati in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro (salva la possibilità di richiedere un’anticipazione nei termini che seguono) e deve essere corrisposto al dipendente nel termine previsto dallo specifico Contratto collettivo nazionale di categoria in concreto applicabile alla singola fattispecie.
In breve, l’intero importo spettante al lavoratore a titolo di TFR dev’essere calcolato sommando la relativa quota accantonata per ciascun anno lavorativo, quota che deve essere pari all’importo della retribuzione annua (sottratto lo 0,5% a titolo di finanziamento del sistema previdenziale del fondo di garanzia), divisa per il coefficiente di 13,5; per completezza, si rendono doverose alcune precisazioni:
Inoltre, alla data del 31 dicembre di ogni anno, l’ammontare del TFR accantonato negli anni precedenti deve essere rivalutato secondo un tasso rappresentato dall’1,5 % in misura fissa e dal 75 % dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo (per le famiglie di operai ed impiegati) accertato dall’ISTAT rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Quanto ai profili fiscali, ai sensi degli artt. 17, 19 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, il TFR è soggetto a tassazione separata.
Infine, come sopra rilevato, taluni lavoratori, in possesso di determinati requisiti, qualora la domanda sia supportata dalle specifiche necessità previste dalla legge, possono richiedere un anticipo del TFR maturato al momento della richiesta.
Ferme le diverse condizioni previste dagli specifici CCNL, tale richiesta può essere avanzata qualora il prestatore:
Si sottolinea inoltre che, a decorrere dal luglio 2018, il legislatore ha eliminato la possibilità per i lavoratori di ottenere il TFR direttamente in busta paga (cfr. messaggio INPS n. 2791/2018).